“Che non c’è”
C’è una domanda (o due se preferite) che durante lo scorrere dei titoli di coda di “A casa tutti bene” ha iniziato a tintinnare nel cervello: ma chi ha criticato il film e il suo regista, il film lo ha visto? Il giudizio è derivato dalla visione in sala o da un pregiudizio personale?
Perchè del nuovo film di Muccino se ne è parlato parecchio male e nonostante questo gli incassi sono andati piuttosto bene (e non è finita). Il film è in sala da quasi sei settimane.
Venduto indubbiamente maluccio con un trailer e soprattutto una locandina che gridano vendetta e sembrano quasi realizzati per far pensare che il film sia esattamente un compendio di tutto ciò che si può definire difetto delle opere precedenti del regista romano: personaggi sentenziosi con legami labili, uno sguardo eccessivamente superficiale e mai critico, sfoggio della tecnica compiaciuto con infine la voglia di mandare sempre e comunque gli spettatori contenti a casa.
Non che manchino (alcune di) queste componenti nel nuovo lavoro di Muccino, ma l’impressione forte è che il regista abbia raggiunto una maggiore consapevolezza delle proprie abilità e le abbia affinate, smussate, migliorate ecco (fatto).
Insomma, Muccino è cresciuto? Beh ormai crediamo proprio di si: è maturato e probabilmente l’esperienza americana gli ha fatto anche bene.
Per dire una delle tante cose buone del suo lavoro, è che si può affermare di stare a vedere davvero del cinema: la storia è narrata utilizzando il mezzo cinema e le sue possibilità, tanto che vien da pensare che l’unico posto dove possa esser visto come si deve un film del genere è esattamente la sala cinematografica. In tv perderebbe gran parte della sua forza, tanto visiva quanto sonora. Al riguardo da notare la costante presenza del vento che ci tira all’interno dell’isola con i personaggi o gli episodi al porto dove l’infragersi delle onde sugli scogli è così palpabile che mancano giusto le gocce d’acqua a bagnarci. Quanti altri registi italiani mettono questa cura nei film che realizzano? Non troppi.
Quanti riescono a gestire abbastanza bene così tanti personaggi così da poter dire che sono in grado di realizzare veri film corali, con più protagonisti e non col solito mattatore che si porta tutti dietro? La realtà, molto amara perchè no, è che nessuno a parte Muccino riesce a farlo. E c’è anche di più: nessuno a parte Muccino tenta anche solamente di imbastire un film simile, sapendo dal principio che prima o poi andrà in fallo. Uno dei registi più acclamati all’estero come Sorrentino costruisce i suoi film su un personaggio forte, facendo girare attorno ad esso come satelliti tutti gli altri; un autore come Garrone fa lo stesso, escludendo parzialmente “Gomorra” e “Il racconto dei racconti”. Forse Virzì ci va vicino? Forse, ma difficile definire davvero corali i suoi film, che al massimo sono abitati da cinque, sei personaggi principali. Il nostro amatissimo Nanni Moretti idem con patate. Col termine corale ci si riferisce piuttosto a film come a certi film di P. T. Anderson o a molte opere di Altman, così come ad alcuni film di Guy Ritchie. Registi italiani come loro ne abbiamo? A parte Muccino no.
E secondo noi questa è una riflessione importante da fare in merito al nostro cinema contemporaneo. Abbiamo bisogno di varietà e di cinema ben fatto: ottimo che esistano Sorrentino, Virzì, Garrone e via dicendo, così come è fantastico che sia arrivato Mainetti col suo Jeeg Robot. Ma abbiamo bisogno anche di Muccino, con tutti i pro e i contro. Cinema che è Cinema e non fiction trasferita su grande schermo, capace di parlare a molti e di protrarsi verso un vasto pubblico, così come accadeva con la commedia all’italiana (da cui Muccino però è distante) e molto cinema “commerciale” del passato.
Come avrete potuto notare, più che una recensione quella che state leggendo è una riflessione scaturita dalla visione in sala del film di Muccino. E sarebbe bello avere opinioni al riguardo così come vi invitiamo a vedere il film senza snobbarlo a priori.
Però insomma, vedete voi…